In mostra le nuove opere di Giorgio Griffa, uno tra i maggiori esponenti della pittura italiana contemporanea. Quattro grandi tele, nate dalle riflessioni sul rapporto aureo e sul dialogo tra arte e scienza, concepite dall'artista appositamente per il museo, ne interpretano gli spazi creando un dialogo immediato con le superfici.
Canone Aureo è il titolo di questa mostra, scelto per indicare il filo rosso che lega gli ultimi lavori dell'artista, nati dalle riflessioni sul rapporto aureo e sul dialogo tra arte e scienza. In questo ciclo di opere l'artista si concentra sul numero aureo, formalizzato per la prima volta da Euclide nella Grecia del IV secolo a.C. per indicare il calcolo in base al quale dividendo un segmento in due parti, l'intero sta al maggiore come il maggiore sta al minore. Il risultato di questo rapporto, indice di armonia, equilibrio ma anche ignoto e meraviglia fin dai tempi antichi, è 1,618033988... un numero periodico cui seguono dopo la virgola illimitate cifre, che si dispiegano sulle tele di Griffa accostate a sequenze di linee dai toni ora tenui, ora più vivaci: verticali, orizzontali, curve, oblique.
L'artista parla della sua idea di pittura e descrive in questi termini la genesi delle sue opere: “[...] mi sono accorto che la pittura da sempre ha come piedistallo il rapporto con l'ignoto, che è il punto di fondo, il punto su cui il mio lavoro si sviluppa. Così nel momento in cui mi rendo conto che la pittura ha delle capacità di narrazione antiche e ineliminabili, […] bisogna che ritrovi questo suo senso di raccontare il mondo, questa volta non da fuori ma da dentro, di entrare nell'ignoto. Quando mi sono trovato di fronte alla Sezione Aurea, non come rettangolo aureo ma come numero aureo, quest'invenzione straordinaria di un numero che va avanti da 2300 anni e andrà avanti fino alla fine dei tempi per milioni anni, […] da quel momento ho cominciato a usare quel numero quale strumento di questo racconto. […] È un modo di conoscere l'infinito attraverso la modesta presenza di un piccolo numero.”
Già precedentemente presente nei suoi lavori come riferimento spaziale e temporale, teso a sottolineare l'ordine di esecuzione delle tele e a fissare la posizione e la quantità di elementi all'interno di esse, il numero è ora esplorato nella sua natura più pura e originaria. Giorgio Griffa approda ora con questi originali lavori, realizzati in tela grezza ed esposti senza il supporto di un telaio (modalità costante nel suo lavoro fin dagli anni '60), a una dimensione pittorica monumentale sul tema della matematica, tramite le quale compie un'analisi del colore e dell'astrazione.
“[...] è la pittura stessa a portare in sé questi aspetti, rappresentazione, intelletto, emozione, nella sua memoria, senza alcun bisogno che io sovrapponga una mia memoria”. I segni grafici sono anonimi, non conservano la memoria personale del pittore ma sono portatori solo di quella che si è sedimentata in essi nel corso del tempo. L'ambiguità e il mistero di questo numero infatti sviluppano un gioco dialettico che vede la compresenza di concetti opposti quali passato e presente, conoscenza e ignoto, memoria e contingenza, in antitesi tra loro ma legati da un costante dialogo che conserva tuttora piena attualità.
Una ricerca aperta dunque, un percorso che si rinnova continuamente, che prende spunto da problematiche di origine matematica, ma non per trasmetterne e riprodurne sistematicamente le metodologie, quanto per mettere in luce l'irrazionale e ciò che non è possibile enunciare scientificamente. Le parole dell'artista esprimono con chiarezza il suo pensiero: “la scienza procede per far emergere ciò che può diventare noto nell'ignoto, l'arte per conoscere quello che resta ignoto e, conoscendolo, sai che resta lì, indicibile”.