Prosegue con Flavio Favelli (Firenze, 1967) il ciclo di progetti speciali dedicati alle pareti curve degli atri dell’ala storica del MACRO, spazi gemelli che segnano l’ingresso alle sale espositive.
Concependo queste superfici come luoghi per le immagini, nell’intento di utilizzare anche ambienti anticonvenzionali come aeree espositive, MACRO ha scelto di affidare la realizzazione delle immagini stesse ad artisti italiani appartenenti al contesto internazionale. Dopo Francesco Simeti, Luca Trevisani e Nico Vascellari, è ora il momento di Favelli, la cui installazione – due grandi teloni in pvc – trasforma questi elementi architettonici in nuovi spazi per l’immaginazione e la memoria.
Giocato sul filo del ricordo e dell’esperienza personale, l’Imperatrice Teodora riporta alla luce uno dei primi incontri di Favelli con l’arte. “Mia madre - ricorda l’artista - voleva dare un'alternativa al nostro quotidiano; la vita era meno triste con l'arte, pensava, era un'evasione dai problemi della mia famiglia. Captavo da qualche parte il vero motivo di queste visite: era legato allo stare lontano, anche con i pensieri, da casa”.
Nella prima delle due pareti, la cartolina con l’effige di Teodora, imperatrice bizantina ritratta nei meravigliosi mosaici di San Vitale a Ravenna, è traccia concreta di quel momento e di quelle emozioni; Flavio Favelli ne offre al pubblico l’immagine autentica, senza interventi ulteriori, presentandola “Come un perenne sogno colmo di immagini dense e piene”. Da questo sogno tuttavia, non si è originato il solo ricordo che l’artista ci offre, ma anche un insieme di modalità e interessi che nel tempo hanno costituito il suo universo estetico. “Queste immagini - dice Favelli - mi tirano per la maglia come una chiamata”: in questa precoce fascinazione, è rimasta impressa una traccia fondamentale e ben riconoscibile nella sua opera e nella sua ricerca, che attinge da un patrimonio iconografico nutrito di ricordi personali e memorie condivise, nel quale l’artista “non ha seppellito nulla, ma solo riesumato”.
Sulla seconda parete fanno da contrappunto le parole indirizzate al padre, scritte nella grafia incerta di un bambino di dieci anni. La fitta corrispondenza tra i due è infatti un elemento che ha fortemente segnato l’immaginario di Favelli; egli ricorda in particolare come i numerosi francobolli, che di recente sono diventati nelle sue opere dei veri e propri materiali pittorici, fossero “le sole cose colorate delle lettere e cartoline sempre grigie“. I francobolli, memoria e traccia di situazioni trascorse, ma anche dato cromatico e pittorico, ricostruiscono quindi un orizzonte di ricordo e riflessione, diventando mosaici contemporanei tra i segni del passato e le consapevolezze del presente: “La serie dei francobolli Siracusana o Turrita, la testa dell'Italia nella serie più nota dei francobolli ha accompagnato per anni le cartoline e lettere di quando ero bambino. […] E' da un anno che faccio dei collage coi francobolli, raccolgo grandi quantità di vecchi francobolli. Ho capito perché. Perché rivedo le immagini di quegli anni; perché rivedo tutto”.
Con questo intervento, la hall del museo diventa un luogo dove si esprimono nuovi rimandi e tensioni emotive, un campo di forze contrastanti che coinvolge il pubblico nelle memorie private e allo stesso tempo universali di Flavio Favelli.