Nella sala di congiunzione tra l’edificio storico e la nuova ala realizzata da Odile Decq, MACRO presenta “Destino comune”, un’installazione di Esther Stocker, progettata appositamente per il Museo e prodotta in collaborazione con Oredaria Arti Contemporanee.
Sfidando i limiti e le possibilità della percezione, Esther Stocker crea per il MACRO una fitta struttura composta da lunghi segni di scotch nero, che percorrendo l'architettura della sala ne marcano l'andamento dei volumi. Nell'attraversare lo spazio trasformato dall’artista, lo spettatore entra in una dimensione nuova e non pienamente ri-conoscibile: sono gli “errori” stessi infatti che offrono nuove coordinate e catturano l’attenzione. In questo modo, l'individuo, divenendo parte dell’imprecisione creata dall’artista, dovrà codificare un sistema di regole nuove e non più definite.
Il punto di partenza nel lavoro dell'artista è sempre un sistema lineare regolare, questo viene successivamente scosso nella sua esattezza attraverso l'inserimento di opportuni "errori". Nelle installazioni, così come nelle pitture, nei video e nelle fotografie, Stocker ricerca il "danno del sistema”: quello che mi affascina di più - dice l'artista – “sono i paradossi formali, la logica della contraddizione. Che una struttura possa essere ordinata e disordinata allo stesso tempo”.
Sin dalle prime opere su tela, l’artista manifesta una fiducia nella verità della geometria, così come negli aspetti sconosciuti che si possono trovare negli spostamenti, nei cambiamenti di forma, nella mancanza e nel vuoto. Confrontandosi con il grado zero della percezione, le astrazioni di Esther Stocker offrono una conoscenza puramente visiva, anteriore ad ogni tipo di esperienza o tentativo di rappresentazione della realtà, introducendo interferenze ed elementi di disturbo che ne scardinano la logica fondante. “Mi affascina il fatto che una piccola deviazione formale (di una linea all’interno di una griglia, per esempio) può causare disorientamento. Questo disorientamento non è solo visivo, è cognitivo: qualcosa di conosciuto non è più riconoscibile, un senso di fiducia è perso. Anche se di solito non lo sappiamo, abbiamo aspettative nei confronti delle forme, aspettiamo che si comportino in modo prevedibile. Personalmente, sono affascinata dal modo in cui riconosciamo queste aspettative solo quando non sono soddisfatte”.
La ricerca di Esther Stocker muove da un interesse particolare nei confronti della Psicologia della Gestalt e dei suoi risvolti in ambito percettivo, sociale e comportamentale; lo stesso titolo dell’intervento al MACRO, Destino comune, cita una delle otto regole principali che sottendono l’organizzazione dei dati sensibili: se gli elementi sono in movimento, quelli con uno spostamento coerente vengono raggruppati e interpretati in maniera unitaria.
Con Destino comune, Esther Stocker reinterpreta le dimensioni e le dinamiche spaziali di un punto nevralgico nella nuova architettura del Museo, creando una geometria disorientante che invita il pubblico a ulteriori riflessioni sulla percezione della realtà.