Lettere, cartoline postali ed illustrate, telegrammi, ricevute d’albergo, tessere d’ingresso, manoscritti, dattiloscritti, ritagli stampa, fotografie, riviste, inviti, cataloghi: questo e molto altro ancora è proposto nella mostra documentaria sulla figura di Enrico Prampolini.
Mai, il mittente della busta che ha per destinatario Enrico Prampolini pittore futurista avrebbe immaginato che quanto ne resta - essenzialmente la parte con l’indirizzo, ingiallita e spiegazzata dal tempo - sarebbe diventato emblema di un lungo viaggio che dai primi anni del Novecento ha come capolinea il 1956. Enrico è deceduto il 17 giugno 1956 annota sulla fascetta di carta che racchiude il carteggio relativo a quell’anno la penna di Alessandro Prampolini, fratello dell’artista, poeta, scrittore e drammaturgo, noto con lo pseudonimo di Vittorio Orazi, che ne ha conservato e ordinato per anni l’archivio delle carte.
Di cassetto in cassetto, virtuale vagone di questo viaggio immaginario, ci si sposta nel tempo e nello spazio: dai programmi della Casa d’Arte Italiana (attiva dal 1919) e dai testi dei primi manifesti teorici, alle proposte dell’Art Club (fondato nel 1945) e all’attività degli ultimi anni di vita. Da Roma a Parigi, da Praga a New York, da Venezia a Città del Capo, da Pretoria ad Helsinki: città e luoghi significativi per l’artista in cui soggiornò a lungo o che lo videro espositore o promotore di eventi culturali. Saluti da Capri riporta il retro di una cartolina in bianco e nero che ritrae la famosa isola: tanto darà alla storia della conoscenza dell’artista, dei suoi soggiorni, delle sue relazioni, dei suoi spostamenti questa semplice, innocua frase cordiale.
La mostra è a cura dal Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive (CRDAV) del MACRO, centro a cui è stato donato dagli eredi l’Archivio privato dell’artista, e promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione – Sovraintendenza ai Beni Culturali nell’ambito della nuova attività espositiva del MACRO che inaugura il 12 ottobre in Via Reggio Emilia.
L’esposizione propone una selezione del materiale ritenuto più interessante, relativamente ai molteplici campi dell’attività di Enrico Prampolini: dal teatro alla scenografia, dall’architettura alle ambientazioni, dalla riflessione teorica alla produzione di scritti e manifesti, dalla partecipazione e organizzazione di mostre al ruolo svolto come promotore e organizzatore di cultura.
Particolare rilievo è dato ai documenti relativi al Futurismo, in questo anno in cui cade il centenario del Movimento. Grande attenzione è riservata alla documentazione della Casa d’Arte Italiana e dell’Art Club. Di notevole interesse, inoltre, la sezione relativa al carteggio che ricostruisce la fittissima rete di rapporti internazionali intessuta da Prampolini e lo vede protagonista attivo nel vivace dibattito del panorama artistico del tempo.
I timbri postali, quelli della censura, il trionfalistico “Vinceremo” prestampato sulle cartoline del periodo bellico, le pagine ingiallite dei quotidiani costituiscono di per sé pagine di storia; la calligrafia dei manoscritti nelle sue proporzioni armoniche rivela una mano educata al “bello scrivere”, disciplina che da decenni non si insegna più nelle scuole; le minute scritte a matita con le correzioni in blu e rosso parlano di un mondo in cui la “Bic” doveva ancora nascere e gli evidenziatori non erano stati neanche immaginati; le numerose correzioni svelano la “fatica” dello scrivere; le foto in bianco e nero, oltre a immortalare il contesto, ci parlano della tecnica fotografica del tempo; gli abiti, il taglio dei capelli dei personaggi fotografati, le posture sono spie significative per uno studio sociologico.
C’è da emozionarsi solo a sfiorare con lo sguardo i documenti. Scorrono sotto i nostri occhi autografi di personaggi illustri (da Marinetti a Fillia, da Archipenko ad Arp, da Bragaglia a Evola, da Léger a van Doesburg, da Tzara a Cocteau, da Morandi a De Pisis ed altri ancora), immagini d’epoca, documenti ormai introvabili (inviti, dépliant, piccoli cataloghi).
Una mostra appetibile per tutti: per il critico d’arte che – nella lettura dei testi – voglia ritrovare il dibattito culturale di quegli anni e per un pubblico più variegato che la voglia leggere sotto altre prospettive (antropologiche, sociologiche, di mera curiosità o altro).
Un’occasione piacevole per conoscere o ripercorrere su fonti certe, quali i documenti di un archivio - dal passato remoto al passato prossimo - un mondo che non c’è più, per ricostruire l’immagine di una società che fa parte della nostra storia comune.
L’Archivio è direttamente consultabile presso il CRDAV, previo appuntamento telefonico, e on-line nel sito degli Archivi del Novecento (www.archividelnovecento.it).