Nella grande sala Enel del MACRO, insieme alle opere di Dan Perjovschi e di Ernesto Neto, è esposta l’opera “Piccolo Animismo” dell’artista vicentino Arcangelo Sassolino, progetto speciale realizzato appositamente per il MACRO.
Attraverso il respiro profondo e sincopato di questa grande istallazione in acciaio inox, l’artista veneto crea una scultura “generatrice di forme” forzando il più possibile “la possibilità della materia contro la materia – aria e acciaio, pressione su metallo, tonnellate sulle saldature” e spingendone al limite le caratteristiche “facendone uscire l’imprevisto come forma e come suono”. Lo spettatore, coinvolto emotivamente dall’attesa di ciò che sta per accadere, vive il manifestarsi di queste tensioni e di questi conflitti mettendo in gioco la propria emotività, e partecipando quindi al dolore e al cambiamento che interessano l’opera.
Il lavoro dà voce e suono alla sala, alle sue tensioni postindustriali e ingegneristiche, nutrendosi allo stesso tempo dello spazio in cui è collocato.
"Piccolo animismo" è un grande contenitore realizzato con lastre di acciaio inox saldate tra di loro; attraverso un processo ciclico di immissione e sottrazione di aria in pressione, il volume subisce trasformazioni sorprendenti e destabilizzanti raggiungendo il limite della tensione e tuonando inaspettatamente. Modificando la fisicità stessa dell’opera, Sassolino crea una scultura “generatrice di forme” forzandone il più possibile la materia. Lo spettatore, coinvolto nell’attesa dell’azione, vive il manifestarsi di queste tensioni e di questi conflitti mettendo in gioco la propria emotività e partecipando al dolore e al cambiamento che interessano Piccolo animismo.
“Con la manipolazione di certa tecnologia industriale, del suo brutale realismo funzionale ed estetico - afferma l’artista - cerco di dare concretezza a una sensazione di energica terminalità. Tento di propagare un impatto psicofisico vulnerabile”. “Attraverso la scultura faccio fruire un fenomeno a cui la coscienza e la ragione reagiscono quando esso è in atto o addirittura è già passato. Se si vuole riviverlo bisogna aspettare un’altra azione. Nel frattempo c’è solo un rimando di memoria e un’estetica in attesa.”
Il respiro profondo e profondamente sincopato di questa grande installazione, in cui si ritrovano il sorprendente straniamento e la straordinaria tensione di due precedenti lavori - Afasia (esposto al Palais de Tokyo nel 2008) e Time Tomb (realizzato per Z33 House for Contemporary Art di Hasselt in Belgio) - agisce sull’idea di volume e di proporzione, trovando un nuovo senso e una nuova interiorità.
Da sempre interessato ai limiti della forma, della materia e del movimento, Sassolino carica il suo lavoro di una tensione fisica che scuote l’opera dall’interno: “Ogni volta che sono su un aereo mi chiedo a quanta sollecitazione può resistere un’ala sapendo che per stress meccanico qualsiasi materiale prima o dopo è destinato a collassare”. Quindi “perché non forzare questa possibilità della materia contro la materia - aria e acciaio; pressione su metallo; tonnellate sulle saldature - perché non forzare verso il limite le caratteristiche della materia facendone uscire l’imprevisto come forma e come suono? Spesso compaiono conseguenze sonore prodotte per attrito, impatto o cedimento dei materiali. A volte anche stolide masse che non diresti, si rivelano cantanti”.