EMILIO PRINI
…E Prini
#Solo/Multi
…E Prini è la più ampia mostra mai realizzata su Emilio Prini (Stresa, 1943-Roma, 2016). Con oltre 250 opere, il progetto espositivo, realizzato in collaborazione con l’Archivio Emilio Prini, è stato concepito secondo un percorso cronologico che copre un arco di cinquant’anni, dal 1966 al 2016, per ricostruire l’operato di una delle figure artistiche più complesse ed enigmatiche nella storia recente dell’arte italiana, il cui lavoro è fino a oggi sfuggito a una completa catalogazione.
«Non ho programmi, vado a tentoni» dichiarava l’artista, considerando il proprio lavoro come un unico percorso di costante riscrittura, in cui le opere fungono quasi come prove della verifica empirica ed estetica di alcuni postulati o concetti, come lo standard o il vuoto, tramite una serie di dati prelevati dal reale e messi in relazione. Se Prini ha sempre rifiutato di intendere l’opera come un oggetto chiuso e definito, interrogando così anche i codici del dispositivo della mostra, il progetto espositivo intende rispecchiare e rendere esplicita questa posizione. …E Prini si sviluppa come un perimetro temporale e un orizzonte visivo in cui opere, fotografie, inviti, dattiloscritti su carta e interventi su cataloghi sono esposti senza distinzioni sulle pareti della sala grande del MACRO, mentre al centro sono disposte sculture e oggetti tridimensionali.
La mostra presenta i primi tentativi dell’artista di perimetrare e misurare gli spazi come 5 sistemi percettivi di un ambiente (1967) e Perimetro misura a studio stanza (1967) così come le azioni con cui, tra il 1967 e il 1968, egli studia il proprio corpo e quello delle persone a lui vicine in relazione all’ambiente, documentando questi esperimenti attraverso la fotografia.
Fanno invece parte degli studi fotografici che Prini inizia nel 1967 i rilevamenti urbani di un muro in curva, di una strada in discesa e di un gradino, esplorazioni e misurazioni dello spazio pubblico su porzioni e dettagli architettonici di Genova, la città in cui vive all’epoca.
Un importante nucleo, tra i lavori esposti, è rappresentato dagli oggetti tridimensionali in legno o ferro, che, solo nel 1995, in occasione della mostra Fermi in Dogana presso l’Ancienne Douane di Strasburgo, traducono questi rilevamenti urbani in volumi architettonici, esplorando l’idea del calco come dimensione del non rappresentato.
Intorno al 1969 Prini inizia alcune indagini su dispositivi elettronici come registratori, macchine fotografiche, televisori e cineprese e sul loro esaurimento dovuto all’uso prolungato: in mostra sono presenti Magnete/Proiezione Tv/ Programmazione di elementi a proiezione miniaturizzata con cancellazione alterna del quadro, Film TV e Magnete, 5 min., che esplora il consumo del meccanismo di una macchina fotografica Exakta, fotografata e poi riprodotta attraverso il processo di stampa off-set in 18.915 elementi, stampati e disposti in pile all’interno dello spazio.
Un ampio corpo di opere è anche rappresentato dai disegni su carta realizzati all’inizio degli anni Settanta con una macchina da scrivere Olivetti 22, elaborando formule matematiche, relazioni architettoniche, annotazioni poetiche che costituiscono indagini su spazio, tempo, luce ed esistenza. La mostra dedica infine spazio a documentare come, a partire dagli anni Ottanta, titoli, didascalie, fotografie, caratteri, date, formati dei fogli e tipologie delle carte si trasformino in ulteriori strumenti e materie da usare e manipolare, attraverso un atteggiamento ironico e una strategia di spiazzamento.
In questa ricerca sospesa tra lo standard e il variabile, in cui alcuni concetti chiave sono esplorati fino al limite estremo, le opere, quanto gli apparati sfruttati per realizzarle, esistono in funzione dell’impossibilità di essere definite e fermate nel loro movimento.
Ne consegue una naturale resistenza alle modalità di funzionamento del sistema dell’arte, con i suoi meccanismi di circolazione e mercificazione, che rende oggi la pratica di Prini particolarmente rilevante, indicando questioni ancora aperte. Rispetto a una società contraddistinta dall’iperproduzione e consumo di immagini e oggetti, l’attualità della ricerca di Prini consiste nella sua continua messa in discussione della necessità del produrre, nella coerenza del suo modo di essere e operare indipendente e inafferrabile, capace di sfidare, in nome dell’arte, i suoi canoni di storicizzazione e strumenti di interpretazione.
EMILIO PRINI è nato a Brisino di Stresa il 2 agosto 1943. Dalla metà degli anni Cinquanta, frequenta la comunità artistica genovese, in particolare le gallerie La Polena e La Bertesca, dove conosce il critico d’arte Germano Celant che lo invita alla mostra Arte Povera—Im Spazio nel 1968. Inizia a partecipare a numerose mostre dell’Arte Povera e a importanti rassegne internazionali tra cui: Arte Povera, Galleria de’ Foscherari, Bologna (1968); Arte Povera più Azioni Povere, Arsenali di Amalfi (1968); Op Losse Schroeven, Stedelijk Museum, Amsterdam (1969); When Attitudes Become Form, Kunsthalle Bern, Berna (1969); Conceptual Art, Arte Povera, Land Art, Galleria d’Arte Moderna, Torino (1970); Information, MoMA, New York(1970); Sonsbeek 71, Sonsbeek Park, Arnhem (1971); Contemporanea, Villa Borghese, Roma (1973). In questo periodo frequenta costantemente Paolo Icaro, Mario e Marisa Merz e si trasferisce a Roma dove conosce Gino De Dominicis, Alighiero Boetti e Pino Pascali. Dall’inizio degli anni Ottanta, in linea con il suo pensiero e senza mai interrompere la sua ricerca, limita la sua partecipazione a mostre ed eventi artistici.
Tra le rare apparizioni: la personale Emilio Prini. Fermi in Dogana, Ancienne Douane, Strasburgo (1995) e le mostre collettive Identité Italienne. L’art en Italie depuis 1985, Centre Georges Pompidou, Parigi (1981); Ouverture, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli (1984); Politics/Poetics. Documenta X, Kassel (1997); Zero to Infinity. Arte Povera 1962-1972, Tate Modern, Londra (2001). Continua tuttavia un lavoro di manipolazione e traduzione delle idee e delle opere prodotte che lo accompagnerà fino al 2016, anno della sua morte a Roma. Nel 2020 la Fondazione Merz di Torino gli ha dedicato la retrospettiva intitolata Emilio Prini.
La mostra è promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e da Azienda Speciale Palaexpo
Un sentito ringraziamento
Timotea Austoni Prini
Ringraziamenti
Grazia Austoni, Veronica Bellei, Sofia Biondi, Edoardo Bonaspetti, Achille Bonito Oliva, Roberto Borgonovo, Eva Brioschi, Anna Butticci, Giuseppe Cascetta, Sergio Casoli, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Giorgio Colombo, Emilio Corti, Antonio Dalle Nogare, Anna Daneri, Collezione La Gaia, Galleria Giorgio Persano, Galleria P420, Giuseppe Garrera, Michele Giustozzi, Giuseppe Graziosi, Paolo Icaro, Ovidio Jacorossi, Kienzle Art Foundation, Daniela Lancioni, Cornelia Lauf, Andrea e Mauro Magnanini, Famiglia Mazzoli, Massimo Minini, ML Fine Art Gallery, Museo del900, Giuliano Perezzani, Matteo Perini, Pietro Luigi e Valentina Pero, Galileo Persano, Mario Pieroni, Giulia Potaturo, Letizia Ragaglia, Lia Rumma, Fabio Sargentini, Giuliana e Tommaso Setari, Emilio Stabilini, Dora Stiefelmeier, Studio Bruno Tonini, Studio Celant, Franco Toselli
Curatore: Luca Lo Pinto
Coordinamento curatoriale: Matteo Binci
Coordinamento produzione: Lorena Stamo, Giulia Caruso, Anna Mostardi
Assistente di produzione: Livia Danese, Marco Lo Giudice
Ricerca: Eloisa Magiera
Conservazione e restauro: Natalia Gurgone, Brunella Graziani, Claudia Ranieri
Allestitori: Nomade Arte, Fabio Pennacchia, Matteo Pompili, Carlo Giannone, Stefano Silvia