Adelita Husni-Bey, I Want the Sun I Want, 2011, 9’
John Baldessari, Teaching a Plant the Alphabet, 1972, 18’40’’
Jonathas De Andrade, Olho da Rua, 2022, 25’
video loop
8 settembre 2024, 16.00 – 22.30, auditorium
#Sonata #Supplemento 

 

Democratica, popolare, sperimentale, una giornata di incontri, co-curata con Christian Raimo 

 

Adelita Husni-Bey, I Want the Sun I Want, 2011, 9’

I Want the Sun I Want è un film composto da un piano sequenza continuo di nove minuti che conduce lo spettatore attraverso gli spazi di una scuola parigina priva di partizioni interne. Il film è stato girato nella scuola elementare Saint-Merri, costruita negli anni ’60 nell’ambito del programma “écoles ouverts” (scuole aperte) che sovvenzionava la sperimentazione architettonica all’interno degli spazi pedagogici.

 

La traccia audio del film è stata registrata durante una serie di tavole rotonde tenutesi al Lycée autogéré de Paris, una scuola superiore pubblica autogestita. Sia agli insegnanti che agli studenti del liceo è stato chiesto di criticare e discutere la necessità dell’istruzione attraverso il disegno e il dibattito, stimolati da una serie di definizioni del dizionario di parole come “stato”, “educazione” e “insegnamento” presentate loro attraverso un laboratorio.  

 

 

John Baldessari, Teaching a Plant the Alphabet, 1972, 18’40’’ 

Uno dei principali interessi di John Baldessari come artista concettuale è quello di esplorare il modo in cui le immagini acquisiscono significato, e quindi di indagare i confini del modo in cui definiamo l’arte. In Teaching a Plant the Alphabet (Insegnare l’alfabeto a una pianta), l’artista impartisce con pazienza una lezione di alfabeto inglese a una pianta di banano in vaso. In modo giocoso e con sottile ironia, Baldessari mette in discussione un sistema di insegnamento privo di ispirazione, basato su una trasmissione monotona del sapere. L’assurdità del gesto mette a confronto le nostre idee e aspettative precostituite sull’arte e sull’insegnamento. Il video è anche una risposta di Baldessari alla popolarità di alcune discipline accademiche, come la linguistica e la semiotica, che hanno influenzato molti artisti concettuali negli anni Settanta. 

 

 

Jonathas De Andrade, Olho da Rua, 2022, 25’

Olho da Rua (Ad alta voce) scrittura una comunità temporanea di senzatetto che vive nelle strade del centro di Recife (Brasile). Ispirato alle tecniche del Teatro dell’Oppresso di Augusto Boal, il film mette in scena una serie di atti performativi che si concentrano su dinamiche collettive e su esercizi di sguardo in una piazza pubblica. Al confine tra fiction e documentario, l’obiettivo del progetto era di coinvolgere un cast di attori non professionisti in dibattiti sull’identità, la cura, la famiglia, la coscienza di classe e la visibilità sociale e politica attraverso azioni e parole. Le immagini sono delicatamente ricettive della personalità e dei mondi emotivi del cast e rappresentano una potente testimonianza del Brasile contemporaneo, con la sua ricca multiculturalità e le sue disuguaglianze strutturali. Ad accompagnarle, una colonna sonora ipnotica del percussionista Homero Basílio, che utilizza strumenti provenienti dal nord-est brasiliano. Il film non è solo una riflessione sulle dinamiche di potere radicate nel colonialismo – e su come queste possano essere connesse a chiunque impugni la telecamera – ma anche una provocazione per lo spettatore. Utilizzando gli strumenti dell’arte e della pedagogia radicale per riposizionare le storie di soggetti emarginati e resi invisibili, l’opera incoraggia a ripensare collettivamente la realtà e immaginare alternative.


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ADELITA HUSNI-BEY (Milano, 1985) è un’artista e un’esperta di pedagogia interessata a tematiche che spaziano dall’anarco-collettivismo al teatro, dalla giurisprudenza agli studi sullo sviluppo urbano. Ha organizzato workshop e mostre, prendendo spunto da modelli pedagogici non competitivi, veicolati attraverso l’arte contemporanea. Il lavoro, svolto in svariati contesti e in collaborazione con attivisti, architetti, giuristi, ricercatori, poeti, attori, urbanisti, fisioterapisti, atleti, insegnanti e studenti, consiste nel creare luoghi in cui esercitarsi collettivamente. Ha partecipato a Matter of Art, Biennale of Art Prague, 2024; Quizá manana, Biennale di Cuenca 2023; Biennale di Architettura di Venezia, 2023; Happily Ever After, Malmö Konstmuseum, 2023; Premio Termoli LXIII, MACTE, 2023; Work it Out!, Aalborg Museum, 2021; Trainings for the Not Yet, BAK, Utrecht, 2020; Being: New Photography, Museum of Modern Art, New York, 2018; Dreamlands, Whitney Museum of American Art, New York, 2016; The Eighth Climate, 11a Biennale di Gwangju, 2015; Really Useful Knowledge, Museo Reina Sofia, Madrid, 2014. È ricercatrice al Vera List Center for Art and Politics 2020-2022 dove ha sviluppato These Conditions (2022) al Brooklyn Army Terminal, New York, uno spazio ibrido tra luogo espositivo, set cinematografico e spazio pedagogico. Ha rappresentato l’Italia alla Biennale di Venezia 2017 con Roberto Cuoghi e Giorgio Andreotta Caló.
Courtesy l’artista e Laveronica Arte Contemporanea 

JOHN BALDESSARI (National City, 1931 – Venice, 2020) ha frequentato il San Diego State College, ottenendo un Master of Arts in pittura. Ha studiato alla University of California, Berkeley, al Chouinard Art Institute e alla University of California, Los Angeles. Nel 1956 tiene un corso di pittura al San Diego State College, continuando poi a insegnare per il resto della sua carriera. Nella metà degli anni Sessanta, inizia a considerare l’arte in una prospettiva concettuale radicale, realizzando opere con l’intento di destabilizzare le idee e le convinzioni che avevano definito l’arte. «Un artista è una persona che riesce a vedere connessioni in circostanze improbabili», affermava Baldessari. «Un’opera inizia con un’intuizione, senza un lavoro chiaro in mente. Creo situazioni strutturate con regole che stabilisco io stesso, poi cerco di risolverle. In questo sta la gioia della scoperta». Baldessari considera questo nuovo approccio come l’inizio della sua traiettoria professionale e una rottura con il suo lavoro precedente (principalmente pittorico). Nel 1970, con un lavoro intitolato Cremation Project, bruciò tutte le opere in suo possesso realizzate prima del 1966. Per i cinque decenni successivi, fino alla sua morte avvenuta nel gennaio 2020, Baldessari ha messo alla prova la struttura dell’arte, delle immagini e del linguaggio.   

JONATHAS DE ANDRADE (1982, Maceió, Brasile) vive e lavora a Recife, Brasile. Realizza video, fotografie e installazioni basate sulla produzione di immagini e testi, impiegando strategie che giustappongono finzione e realtà, tradizione e negoziazione con le comunità locali. Partendo dall’interesse per le questioni sociali, le sue opere attraversano il campo del linguaggio e dell’antropologia come aspetti in grado di sfidare la nozione di verità, potere, desiderio e immaginario sociale. Tra le mostre personali: Jonathas de Andrade: Eye-Spark, Maat, Lisbona (2023) e Crac Alsace (2022); Pounce and Bounce, Pinacoteca di San Paolo (2023); In the hangover city, Mamam di Recife (2023); Staging Resistance, Foam Amsterdam (2022); One to One, Museum of Contemporary Art Chicago (2019); The Fish, New Museum, New York (2017), The Power Plant, Toronto (2017); Visiones del Nordeste, Museo Jumex, Città del Messico (2017); Museu do Homem do Nordeste, MAR: Museum of Art, Rio de Janeiro (2014-2015). Ha partecipato a mostre collettive, tra cui: 16ª Biennale di Istanbul (2019); Artapes, MAXXI: Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, Roma (2018); 32a Biennale di San Paolo (2016); Unfinished Conversations: New Work from the Collection, The Museum of Modern Art, New York (2015); e Under the Same Sun: Art from Latin America Today, Guggenheim Museum, New York (2014). Nel 2022 ha presentato un progetto personale per il Padiglione del Brasile alla 59ª Biennale di Venezia.   

Courtesy Galleria Continua e Nara Roesler Gallery. Commissionato e prodotto da Fondazione In Between Art Film 


Ingresso gratuito fino a esaurimento posti
Via Nizza 138

Media partner: Zero