LEE SCRATCH PERRY
THE ORBZERVER
Con opere di Rashiyah Elanga, Invernomuto, Ishion Hutchinson, Rammellzee, Zadie Xa
#Polifonia
Il leggendario musicista, artista visivo e Upsetter giamaicano Lee Scratch Perry (1936-2021) è una figura impossibile da confinare in un campo creativo specifico. Nato in un borgo rurale nel nord-ovest della Giamaica, nel 1961 Rainford Hugh Perry si trasferisce a Kingston, dove intraprende la sua carriera di musicista, lavorando allo Studio One e collaborando con il produttore Joe Gibbs, esperienze entrambe segnate da un mancato riconoscimento artistico.
Perry, tuttavia, esce da questo primo periodo con due delle sue canzoni più note: I Am the Upsetter e People Funny Boy, di cui quest’ultima è uno dei primi esempi di campionamento nella storia della musica. All’inizio degli anni ’70, Perry comincia a lavorare come produttore e fonda il Black Ark Studio (poi The Black Ark). È l’inizio della musica dub, uno stile di contaminazione libera che impiega la stratificazione di suoni e che ha origine nell’imprevedibile disordine derivante dalla sovrapposizione di tecnologia e spiritualità, insieme percussiva, melodica e pop.
In questo frangente produce alcune delle canzoni più conosciute di Bob Marley e diviene uno dei pionieri della musica Reggae. Nel 1979 la Black Ark e tutto ciò che conteneva prende fuoco. Nastri, vinili, attrezzatura da studio e le prime sperimentazioni artistiche, si sciolgono nel terreno. L’incendio, innescato di proposito da Perry, era motivato dalla convinzione che il luogo fosse pieno di energia negativa. Questo atto di distruzione creativa (che si ripeterà decenni dopo nel suo studio in Svizzera) fu una dimostrazione dello spirito di resistenza outsider e sovversivo di Perry che non risparmiò nessuno, nemmeno sé stesso, avviandolo verso un nuovo corso. Poco dopo l’incendio, l’Upsetter si trasferisce in Europa per poi stabilirsi in Svizzera.
Alla fine degli anni ’90, Perry inizia ad essere riconosciuto come artista visivo. La pratica multidisciplinare, che di fatto coinvolge il suo stesso corpo e l’ambiente fisico che lo circonda, è caratterizzata da una fusione unica di credenze religiose e simboliche tra cui il cristianesimo, il rastafarianesimo e l’Ettu (una cerimonia complessa, di origine africana occidentale, eseguita dai giamaicani di discendenza Yoruba) così come altre tradizioni animiste. Queste influenze sono stratificate con simboli della cultura del consumo, come stemmi aziendali, loghi bancari e pezzi di dispositivi emblematici della nostra era ipertecnologica. Collocati insieme, essi rifondono il modo in cui leggiamo la storia recente delle cose e del mondo materiale.
Il percorso di Perry come artista visivo può essere tracciato a ritroso nel tempo attraverso la sua musica. Infatti, è solo mettendole fianco a fianco che queste due pratiche emergono come diverse, a causa dei confini imposti dalle singole discipline. Gli oggetti, sia artificiali che naturali, che compaiono nei collage multimediali sono analoghi ai suoni esplorati nella produzione musicale. Le parole scritte, grandi e piccole, che galleggiano e a volte lottano per lo spazio nelle sue tele, ci ricordano l’esistenza di istituzioni come l’I.M.F., ma anche di Genesis, Piss e Poop. Il suo atteggiamento autoreferenziale è diventato una forma di attivismo; Perry è il “Papa Nero” che ha detto a Margaret Thatcher e alla Regina d’Inghilterra di ascoltare il suo messaggio e di smettere di infliggere il male. Perry è oggi una figura di resistenza politica e culturale fuori dal tempo e perfettamente situato all’interno dell’era capitalista del ventesimo e ventunesimo secolo. Nelle sue stesse parole: «La tecnologia è un delinquente che prende ciò che non è suo. La tecnologia è una ladra.»
Dodici opere di Perry sono esposte a Roma per la prima volta insieme ai contributi di un gruppo di creativi multidisciplinari, diversi per geografia e generazione, ma che insieme rendono esplicita la complessità dell’influenza dell’artista giamaicano. Il poeta giamaicano Ishion Hutchinson e il duo artistico italiano Invernomuto contribuiscono con opere che fungono da omaggio alla continua eredità di Perry. Una scultura dell’artista americano, musicista e icona dell’afrofuturismo Rammellzee (1960 – 2010) ci riporta alla scena dell’arte street degli anni ’80 a New York City, mentre le opere di due artiste emergenti, Rashiyah Elanga e Zadie Xa, suggeriscono due modi molto diversi di costruire realtà alternative composte di elementi terrestri, pop e spirituali.
Curatore: Luca Lo Pinto
Coordinamento curatoriale: Chiara C. Siravo
Coordinamento mostra: Lorena Stamo
Assistente di produzione: Giulia Caruso, Anna Mostardi
Produzione e realizzazione: Fabio Pennacchia
Allestimento: Fabio Pennacchia, Matteo Pompili
Con il sostegno di Istituto Svizzero Roma
Un sentito ringraziamento a Collection Gallizia, Parigi