2019

Macro Asilo

01.10.201831.12.2019

www.macroasilo.it

 

Il 30 settembre 2018 con una festa aperta a tutti ha inaugurato il progetto sperimentale Macro Asilo che ha caratterizzato il Macro di via Nizza per 15 mesi, fino al 31 dicembre 2019. Il nuovo dispositivo ideato da Giorgio de Finis, curatore del progetto, ha trasformato l’intero museo in un vero e proprio organismo vivente, “ospitale” e relazionale, che ha invitato all’incontro e alla collaborazione persone, saperi e discipline in una logica di costante apertura e partecipazione della città e del pubblico.

L’idea stessa di istituzione museale in questo percorso punta a essere rinnovata con l’intento di tessere una relazione nuova e prolifica tra l’arte e la città. La sperimentazione, in tal senso, riguarda proprio il Museo di arte contemporanea della città e ne indaga la sua funzione civica di istituzione che opera nel tempo presente sulla produzione di sapere, senso e conoscenza, che attraverso l’arte si riesce a mettere a disposizione delle persone. Il Macro Asilo è il primo tassello del Polo del Contemporaneo e del Futuro che si configura come presenza complementare rispetto alle altre istituzioni come MAXXI e Galleria Nazionale, per mettere a disposizione di chi abita in città uno spettro ricco di punti di vista ed esperienze.
È da questa sfida che è partito il lavoro di de Finis, in stretta collaborazione con l’Azienda Speciale Palaexpo, che dal 1 gennaio 2018 gestisce il Museo, e la Sovrintendenza Capitolina che, in quanto struttura di Roma Capitale, preserva la responsabilità sulla conservazione e valorizzazione della collezione del Museo nonché del suo Archivio e della Biblioteca.

 

Per consentire tutto questo si è partiti da un totale ripensamento degli spazi stessi del Museo e della sua articolazione. Il nuovo progetto di allestimento è stato realizzato dall’architetto Carmelo Baglivo.

Entrando nel Museo il pubblico si è trovato di fronte a uno spazio profondamente diverso potendo attraversare in maniera libera e casuale tanti diversi ambienti tematici tra cui il salone dei forum, dove a parete viene presentata con una grande quadreria una selezione delle opere della Collezione, una sorta di invito “visivo” a collaborare e stare insieme; al centro di questo salone, il “Tavolo dei tavoli” opera abitabile realizzata per l’occasione da Michelangelo Pistoletto.

Tra le stanze anche quella dedicata a Rome (nome plurale di città), la stanza delle parole (dedicata al vocabolario del contemporaneo), quella di letturala stanza dei media, le stanze-atelier (quattro spazi gemelli progettati per gli artisti che realizzeranno un’opera all’interno del museo). Inoltre due “ambienti” d’artista e una project room, stanze-opera hanno ospitato progetti partecipati, installazioni, performance, aggiungendo, nel corso del tempo, altri 50 ambienti a tema che si sommano a quelli già proposti dal museo.

La programmazione non ha previsto quindi un tradizionale calendario di mostre, ma un palinsesto quotidiano di eventi, incontri, laboratori, installazioni, performances e più in generale ha ospitato ogni altra forma e pratica che gli artisti, lavorando nel Museo, hanno sviluppato e proposto ai visitatori.

Ogni giorno ci sono state proiezioni di video d’arte su un maxischermo appositamente allestito; incontri, “autoritratti”, convegni, presentazioni e rassegne nell’auditorium e nella sala cinema. Si è tenuto inoltre un ciclo di lectio magistralis a cadenza settimanale, oltre ad una serie di eventi a carattere spettacolare sul palco allestito nel foyer, che ha ospitato in particolare il sabato sera, musica, danza e teatro.

Tra gli ospiti presenti in calendario nei primi otto mesi di attività figurano: Michelangelo Pistoletto, Pablo Echaurren, Alberto Garutti, Franco La Cecla, Carlo Ratti, Calum Storrie, Marie Voignier, Valerio Magrelli, Fabio Cavallucci, Antoni Muntadas, Antonio Manuél, Gianni Pettena, Mike Watson, Piero Gilardi, Alberto, Abruzzese, Paolo Ercolani, Alfredo Pirri, Michel Mafessoli, Igiaba Scego, Pietro Ruffo, Marco Scotini, Michela Murgia, Donald Thompson, Juan Josè Lahuerta, Giuliana Bruno, Cesare Pietroiusti, Luca Zevi, Jhumpa Lahiri, Franco Farinelli, Dora Garcìa, Damiano Abeni, Edoardo Albinati, Umberto Croppi, Marco Lodoli, Giovanni Albanese, Tommaso Pincio, Giacomo Marramao, Adonay Bermudez, Helena Janeczek, Massimo Siragusa, Marzia Migliora, Carlo Cellamare, Mark Kostabi, Michele Dantini, Francesco Cellini, Yuval Avital, Paul Werner, Nicola Lagioia, Peter Weibel, Grégoire Mayor, Massimo Donà, Diamond, Ascanio Celestini, Saul Newman, Marcello Fonte, Mario Tronti, Franko B, Donatella Di Cesare, Mary Ann Caws, Roberto Finelli, Franco Purini, Krzysztof Bednarsky, Wu Yuren, Fabio Dei, Tomaso Montanari, Emanuele Trevi, Antonella Anedda, Nicolas Bourriaud, Vittorio Sgarbi, Gonzalo Borondo, Vincenzo Trione, Stefano Boeri, Alexander Alberro, RAM radioartemobile, Adrian Paci, Gattinoni, Mario Sasso, Massimo Canevacci, Pasquale Polidori, Alex Braga, Ennio Calabria, Antonio Presti, Gianni Dessì, Massimo Cacciari, Domenico Piraina, Elina Chauvet, Jorge Fernàndez Torres, Tomaso Binga, Vincenzo Mollica, Jorge Orta, Santiago Sierra, Fabrizio Ferri, Jacques Rancière, Adriana Cavarero, Fernando Savater, Tano D’Amico, Lia Rumma, Zerocalcare, Andrea Viliani, Joan Fontcuberta, Manuel Borja-Villel, Mauro Folci, Melania Mazzucco, Luca Maria Patella, Andrea Fraser, Michela Occhipinti, Michael Taussig, Anthony Doerr, Bruno Ceccobelli, Tiziano Scarpa, Valerio Mieli, Ramuntcho Matta, Daniel Buren, Ugo La Pietra, ORLAN, Yves Mettler, Stefan Sagmeister, Luiz Camillo Osorio, Felice Cimatti, Corrado Augias, Ezio Bosso, Umberto Guidoni, Gianni Toti, Letizia Battaglia, Sandro Poli, Franco Piperno, Miltos Manetas, Gabriela Urtiaga, Paolo D’Angelo.

Ognuno ha lasciato al Macro il segno del suo lavoro, una moltitudine di atti, pratiche e forme di ricerca che alimentano per accumulazione progressiva un vero e proprio archivio materiale di questa esperienza. Un archivio che oltre ad avere uno spazio fisico nel Museo ha poi un costante rimando sulla rete e sui social per testimoniare e rappresentare, in maniera continuativa, e in qualche modo riproducibile, il lavoro che all’interno del Museo viene portato avanti.

Il Museo ha aperto così alla città tutta a partire anche dalla sua relazione con il quartiere in cui si inserisce, per questo i suoi spazi sono stati costantemente aperti e attraversabili in tutte le loro diverse articolazioni dall’ingresso storico di Via Reggio Emilia alla nuova ala di Via Nizza, valorizzando anche la qualità e vivibilità dei suoi grandi volumi, dalla piazza, alla galleria al foyer. Un museo che si fa città, quartiere e ancora di più esperienza collettiva.